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Blog personale di Giorgio Russo

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Panarea

Saliamo le scale che portano al ponte di coperta della M/N Laurana, ansiosi di goderci lo spettacolo dell’ingresso nel piccolo porticciolo, quando sono le sette e trenta del mattino. Appena fuori, ci dirigiamo a dritta della nave, dove altri passeggeri come noi sono già in piedi, armati di smartphone o macchina fotografica, allo scopo di catturare le immagini di una Panarea ancora tranquilla e sonnecchiosa che lentamente si dipana davanti ai nostri occhi.

Simona mi invita a seguirla perchè siamo in procinto di sbarcare. Scendiamo fino al desk dell’accettazione, e ci incolonniamo sulla sinistra per avviarci giù per le scale, verso la poppa, dove usciamo attraverso il grande varco di carico, fissato dalle cime di ormeggio ed appoggiato sui lastroni di pietra del piccolo molo. Il sole ancora basso all’orizzonte riflette bagliori di luce alle nostre spalle in direzione di Stromboli, dove è scesa la maggior parte dei passeggeri.

Siamo sbarcati. Trascinando il mio trolley, individuo i volti familiari della coppia di nostri amici che ci ospita ogni anno, e che ci saluta sorridendo. E mentre mi ritrovo a salutarli affettuosamente come sempre, rimango per un attimo affascinato ad osservare di fronte a me quella che sembra una sorta di cartolina dell’isola.

San Pietro, il porticciolo di Panarea. Un pugno di costruzioni bianche, con le case disposte a ridosso l’una dell’altra, si inerpicano su di una piccola brulla collina, mentre in basso, bar e boutique, ornano la piazzetta antistante il porticciolo. Sul molo, una fila di minicar e piccoli furgoncini elettrici attendono i turisti sbarcati per portarli ai rispettivi alberghi. Pescatori con i visi cotti dal sole, e le loro magliette improbabili, si salutano amichevolmente e si scambiano pacche sulle spalle, contribuendo a colorare la piacevole atmosfera della classica spensieratezza estiva.

Sulla destra del molo, si distende un’ampia insenatura dove un campo boe è, a causa dell’ora, ancora gremito di piccole imbarcazioni da diporto. A breve, si svuoterà, e i villeggianti spariranno alla ricerca del posto più adatto per trascorrere la giornata di mare. Sulla sinistra, la strada principale prosegue brevemente tra i tavolini del Bar del Porto, per poi inerpicarsi verso l’alto, perdendosi all’interno di un dedalo di caratteristiche viuzze, dove le migliori boutique di moda si alternano agli alberghi più famosi dell’isola.

Oltre la strada, all’estrema sinistra si intravedono, troneggianti sul mare, il ristorante e la discoteca dell’Hotel Raja, dove la sera scalmanate orde di ragazzi si muovono al ritmo della musica, mentre l’albergo, posto un pó più all’interno, si trova nei pressi del cimitero, lungo la strada che porta verso la località Drautto.

Sono oramai anni che veniamo a Panarea, grazie alla gentilezza ed all’ospitalità dei nostri amici, ma ogni volta è sempre come una magia, e così, dopo aver consumato una degna colazione al Bar del Porto, prendiamo il taxi, ovvero la minicar elettrica guidata dal nostro autista abituale, Signorino, che ci porterà a casa.

Impressionante. Beh, non certo per la velocità, che è minima. Ma mi sento proiettato in avanti con un sussulto, dalla forza silenziosa del motore elettrico, che spinge la minicar su per le ripide stradine sulle quali si affacciano le abitazioni, le più nuove intonacate di un immacolato bianco, le più vecchie e, talora malandate, di una tenue tinta ingiallita, ma tutte impreziosite da porte azzurre e fiori profumati dai mille colori.

Posizionato sul sedile di dietro, di spalle all’autista, insieme ai bagagli, guardo davanti a me scorrere veloce la strada, proprio sotto i miei piedi, temendo ad ogni curva di colpire o di essere colpito, ora da un muro, ora da un ramo, mentre ogni pochi metri ci fermiamo e dopo uno scambio di convenevoli tra gli autisti, riprendiamo questa divertente corsa.

Ci dirigiamo verso Ditella, la terza località dell’isola di Panarea, inerpicandoci sulle ripide e tortuose salite che disegnano, come una pista da bob, dei percorsi imprevedibili per chi li affronta la prima volta.

Sui tetti e sulle terrazze, nascosti in parte agli occhi dagli alti e bianchi muretti che delimitano le proprietà dalla strada, pergolati, pini e qualche palmeto offrono una parziale protezione al sole e permettono di godere della giornata, beatamente distesi sui lettini di fronte allo spettacolo del microarcipelago di isolotti e scogli che circonda l’isola.

Basiluzzo, Spinazzola, Bottaro, Dattilo, Lisca bianca e Lisca nera, si distendono tra Lipari da un versante, e Stromboli, con l’inconfondibile pennacchio di fumo del vulcano, dall’altro, deliziando i bagnanti con le loro acque trasparenti e le tante insenature in cui immergersi per cercare sollievo dai raggi del sole e godersi una piacevole nuotata.

Punto di forza, ma anche forse di debolezza, dell’isola è proprio il mare. Questo perchè, se si è in possesso o ci si può permettere il noleggio di una barca, è possibile godersi un mare di un verde incantevole, quasi trasparente, gettando l’ancora in una delle tante calette presenti sugli scogli o isolotti circostanti, oppure fermandosi nei posti più spettacolari che si incontrano cicumnavigando l’isola: come la meravigliosa Cala Junco, lo scoglio la Nave, la stessa Baia di Drautto, presa però d’assalto da barche di ogni tipo.

In caso contrario, l’unica spiaggia a disposizione è la spiaggia degli Zimmari a Drautto, dove ci si può arrivare, o tramite una lunga camminata dal porto, o più facilmente con il taxi, il che comporta un costo considerevole tra andata e ritorno, da sommare a quello per il noleggio di ombrellone e lettini. Una spiaggia piuttosto affollata, dove generalmente ci sono molti bambini, essendo l’unico sbocco per giocare con la sabbia e dar loro un facile accesso al mare. Mentre la spiaggia della Calcara dopo Ditella a nord, è piena di grossi massi e non facilmente raggiungibile.

Quest’anno, dopo tanti anni, abbiamo deciso di provare invece ad arrivare via terra alla spettacolare Cala Junco, una sorta di piscina naturale di acque calme e cristalline, dalle sfumature che vanno dal verde smeraldo al turchese, racchiusa da alte pareti di roccia disposte ad anfiteatro. Posta lungo la costa meridionale dell’isola, la spiaggia è raggiungibile non soltanto via mare, ma anche a piedi da Drautto, con una passeggiata di una trentina di minuti, imboccando un antico sentiero a gradoni che parte dalla Cala degli Zimmari, e sbuca nella baia dall’alto, offrendo un paesaggio indimenticabile e mozzafiato.

Nonostante la fatica improba, almeno per me, lo spettacolo che si osserva da questa altezza è incredibile: inerpicandoci tra le rocce osserviamo le calette sotto di noi, arrivando sul promontorio di Capo Milazzese dove, nelle immediate vicinanze di questa suggestiva insenatura, sono situati i resti di un Villaggio Preistorico risalente all’Età del Bronzo, rinvenuto dopo la Seconda guerra mondiale, costituito da ventitrè capanne delle quali rimangono visibili soltanto le fondamenta di forma ovale.

Sulla nostra sinistra la spiaggia di Cala del Morto, inaccessibile da qui, sulla destra una discesa in un sentiero di pietre fino alla spiaggia di Cala Junco.  Il fondo di sassi grossi e rotondi, rende praticamente obbligatorio l’uso di scarpette adatte, ma il risultato è stupefacente: a mollo con le gambe nell’acqua ed il rumore della risacca che girà intorno ai sassi, rende l’atmosfera piacevolissima e mi fa dimenticare per un lungo momento, il tragitto che mi toccherà fare al ritorno.

Fortunatamente per me, decidiamo di fermarci al ristorante Bridge Ammare, un locale elegante e carino, dove mangiamo bene ed incontriamo Angela, che gestisce il locale giunto soltanto al suo secondo anno di vita, così come gestisce con estremo gusto, quello decisamente più conosciuto per le serate panarellesi: il Bridge.

Il Bridge è un sushi-bar situato al porto, in una location bellissima, disposto su di una suggestiva terrazza vista mare, immerso nel verde delle piante rampicanti ed arredato elegantemente con i suoi cuscini di colore fucsia che fanno da contrasto al bianco immacolato tipico dell’architettura delle Eolie. È sempre gremito di gente e sono tante le persone, tra cui numerosi e noti vip, che, dopo aver degustato la cucina giapponese, ballano ai ritmi musicali che il dj di turno propone.

E questo mi fa riflettere sul come la vita sull’isola sia piuttosto differente quando si è dei semplici turisti che non conoscono nessuno, o dei membri più o meno presenti della comunità del posto. Per chi ha la fortuna come noi di essere stati introdotti dai nostri amici, le serate trascorrono tra inviti fatti e ricevuti a cene anche di decine di persone, in ville a volte veramente belle ed esclusive. E non di rado c’è il piacere di conoscere persone squisite di provenienze diverse, spesso internazionali.

Salotti informali, dove le persone più anziane, membri della comunità da decenni, si mescolano con gli isolani e con le nuove generazioni. I figli ed i loro amici,  sembrano legati a questo luogo in modo viscerale, e lo utilizzano come punto di incontro periodico, tra una vacanza e l’altra, e molto spesso diventa opportunità di incontro, per via del numero estremamente elevato di giovani che lavorano o studiano all’estero. Almeno questa è la nostra esperienza.

Per questo motivo, dopo la giornata di mare, difficilmente abbiamo l’opportunità di andare in qualche ristorante. E oltre al Bridge, in cui siamo  andati più volte, credo di essere andato e mi sento di consigliare solo pochi nomi: l’ottimo ristorante del Raja, Cusiritati, Da Paolino, Da Pina o Antonio Il Macellaio, se si preferisce la carne.

Ma è tempo oramai di partire, la solita M/N Laurana arriverà puntuale da un momento all’altro, così spendiamo l’ultima ora al Bar del Porto, per un’aperitivo con coloro che rimangono, compriamo degli appetitosi panini per la serata in nave, e salutiamo Panarea con un arrivederci alla prossima occasione!