Sorrido pensando a quante volte, l’opinione pubblica viene coinvolta in infinite discussioni su temi anche di estrema rilevanza sociale che poi vengono vergognosamente banalizzati e ridotti a mere contrapposizioni campanilistiche. Uno di questi è il gesto di inginocchiarsi, durante l’esecuzione dell’inno nazionale durante le competizioni sportive, al fine di fare da cassa di risonanza per il movimento Black Lives Matter.
Black Lives Matter
Black Lives Matter (“le vite dei neri sono importanti”) è un movimento attivista internazionale, promosso da esponenti della comunità afroamericana, ed impegnato a lottare contro il razzismo ancora dilagante negli Stati Uniti verso le persone di colore. L’origine del movimento fu innescato nel 2013, a seguito dell’assoluzione di George Zimmerman, il quale aveva sparato ed ucciso il diciassettenne afroamericano Trayvon Martin l’anno precedente.
A seguito della decisione della corte della Florida, il movimento crebbe di intensità sopratutto alimentato dai casi di eccessi di violenza e brutalità da parte delle forze di polizia, sfociati spesso in veri e propri omicidi, e sopratutto dalla profonda disuguaglianza razziale ancora presente nel sistema giuridico degli Stati Uniti. La triste morte di George Floyd nel 2020 ha poi ulteriormente alimentato il fuoco della protesta e portato il movimento BLM all’attenzione dei media internazionali.
Ma perchè inginocchiarsi ?
Nel 2016, il quarterback (capitano) della mia squadra preferita di Football americano i San Francisco 49ers, Colin Kaepernick (in mezzo nella foto), in forma di protesta contro le ingiustizie e oppressioni subite dalla minoranza nera negli Stati Uniti, smise di alzarsi in piedi e si inginocchiò durante l’inno nazionale statunitense, eseguito come sempre in ogni gara della NFL (lega professionistica americana). Il suo gesto fu via via adottato da numerosi altri giocatori di colore, anche in altri sport americani e, generò infinite discussioni e polemiche, in cui fu coinvolto anche l’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump che invito pubblicamente le società a licenziare i “dissidenti” che non oronavano l’inno nazionale.
Kaepernick, che aveva solo qualche anno prima trascinato San Francisco al Superbowl (ahimè perso), fu da lì in poi progressivamente boicottato e, alla scadenza, il faraonico contratto da 126 milioni di dollari, non gli fu rinnovato. Nè riuscì, per questo “insano” gesto, e per la decisione di perseguirlo nonostante le proteste e le minacce ricevute, ad ottenere da nessuna delle 32 squadre della lega un nuovo contratto.
Dopo aver patteggiato una causa legale intentata contro la lega, il gesto che gli ha rovinato la carriera, l’ha poi reso un simbolo: oggi inginocchiarsi è un modo di dire basta ai soprusi, alle violenze ed alle discriminazioni razziali. Nike lo ha promosso testimonial della campagna per il trentennale dello slogan “Just Do It” proprio per la rilevanza politica e sociale della sua battaglia, associandolo a sua volta ad uno slogan che sintetizza quanto successo a Colin, ma anche quanto possa costare lottare per qualcosa in cui credi: “Credi in qualcosa. Anche se vuol dire rinunciare a tutto quanto”.
Potrete saperne di più su quanto accaduto perchè Netflix ha deciso di produrre una miniserie intitolata a lui, che è in uscita con il nome ‘Colin in Black & White’.
Vergognamoci un pò
Dopo aver brevemente ripercorso la nascita di un movimento frutto di una battaglia sociale secolare ancora ben lontana dal concludersi, e dopo aver visto un Uomo con la “U” maiuscola distruggere la sua carriera, e perdere la fama e la ricchezza, ed anzi rendersi bersaglio di critiche ed insulti, semplicemente per un gesto, nato da un impulso irrefrenabile, spinto dal desiderio di far qualcosa, qualunque cosa, per denunciare, e porre all’attenzione di tutti, ancora una volta la discriminazione a cui un intero popolo ancora oggi è sottoposto, non dobbiamo che vergognarci.
Leggo ogni giorno dibattiti e questioni secondo cui la nazionale dovrebbe inginocchiarsi, non deve farlo, “lo faremo!”, “Anzi no!”, o l’ultima perla “Se si inginocchia il Belgio lo facciamo anche noi”. Ma di che minchia parlano?
Essere “politically correct” ma solo se altri danno l’esempio altrimenti noi nemmeno ci esponiamo. Ma a chi può fregare qualcosa se la nazionale italiana si inginocchia o no? Sembra che gli “azzurri” non abbiano nemmeno una vaga idea del perchè uno dovrebbe inginocchiarsi. Il nodo da sciogliere dovrebbe essere semplicemente questo: se t’importa e lo senti lo fai, altrimenti lascia perdere. Nessuno dovrebbe commentare o dare giudizi su chi fa cosa. Un gesto spontaneo e collettivo può dare forza ad un movimento che si muove nel giusto. Una sterile polemica o un gesto scimmiottato “perchè va fatto”, non fa che affossarne il significato.
Il gesto di Colin ci ha donato un insegnamento. Ovvero che se provi emozioni forti per qualcosa a cui tieni o che ti sembra da denunciare, devi trovare il modo ed il mezzo attraverso cui farlo. Senza pensare e senza calcolare, se hai davvero qualcosa che si agita dentro di te e lotta per uscire, devi trovare il modo di manifestarlo. Se tutti avessero reagito al suo gesto nel modo più opportuno, stigmatizzando le violenze e supportandolo, forse una crepa si sarebbe aperta nel muro dell’indifferenza. Se tutti rispondessimo in modo provocatorio e ci fermassimo un momento come in un flash mob finchè qualcosa non cambia, forse qualcosa cambierebbe davvero.
Invece no, la domanda che ci poniamo è “E’ giusto farlo durante l’inno nazionale ?”, “Non è che disonoriamo l’inno ?”, “E’ giusto che una manifestazione sportiva porti con se dei continuti politici ?”. Badilate di stronzate o pippe mentali, decidete voi.
Prima di tutto, non c’è nulla di politico nel manifestare contro ogni discriminazione sociale. Perchè sociale non è politico. Politico è prendere un qualsiasi problema sociale e piegarlo ai propri interessi per avere vantaggi nell’acquisire elettorato e quindi potere. Sociale è risolvere problemi di coesistenza pacificamente e nel rispetto delle proprie differenze ideologiche, religiose e etniche.
Disonoriamo ogni giorno noi stessi e il popolo che siamo, se non garantiamo uguaglianza e pari trattamento a tutte le etnie e le minoranze di qualsiasi tipo. E prendendo spunto dall’ignobile legge ungherese che equipara l’omosessualità alla pornografia ed alla pedofilia, ed a modesto supporto della comunità Lgbtqi+, alzo il pugno in segno di protesta e, scagliandomi anche contro il regime di bianco e nero di questo blog, ce lo metto a colori.