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Blog personale di Giorgio Russo

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Antonio Conte, grazie!

Vittoria! La mia inter dopo 11 anni di attesa rivince finalmente lo scudetto, e questo, per quanto ne possa capire uno che segue i nerazzurri soltanto dal lontano ’67,  il merito è principalmente di Antonio Conte. Al di là dei meriti della proprietà, della dirigenza e dei giocatori, a mio avviso il principale fattore che pesa nel raggiungere un traguardo così lungo e difficile, è sempre l’allenatore.

Sento sempre un gran parlare dell’impatto che un allenatore ha nel costruire una squadra vincente e, troppo spesso, specie per bocca di ex-giocatori ora opinionisti sportivi, l’accento cade sempre sull’importanza di avere giocatori determinanti. Questo è senz’altro vero, perchè sono rari i casi in cui giocatori semisconosciuti o per lo meno non di primo piano, vengono proiettati in alto da cavalcate piuttosto uniche ed isolate: a memoria il Verona di Bagnoli, il Perugia di Castagner (anche se non vinse), il Leicester di Ranieri. E guarda caso è l’allenatore che ha fatto la differenza.

Ad ogni modo non sono d’accordo. Senza un allenatore adeguato si va raramente fino alla fine. E quando guardo le altre squadre ciò che mi preoccupa di più è sempre un ruolo in particolare: il mister. E allora analizziamo brevemente le tante inter che si sono alternate dal triplete ad oggi, prima dell’arrivo di Antonio Conte.

Il dopo triplete

Il primo allenatore aveva indubbiamente l’arduo compito di sostituire il Number One fuggito a Madrid, un pò per il cash ed un pò perchè oramai aveva vinto tutto con noi. Certo direte voi, che c’era di male a costruire un cicletto vincente? Boh! Forse era solo per il cash.

In ogni caso il buon Mouri aveva messo su nel suo secondo anno un inter catenacciara come quella mitica di Helenio. Chiusi in pochi metri, davanti ad una difesa granitica, un centrocampo di estrema qualità ma anche superveloce a proiettarsi in avanti e lanciare le frecce tricolori, orchestrate da un Milito vero regista avanzato capace di aprire in due le difese con le sue uscite laterali, le sue sterzate e naturalmente i suoi gol. Un modello. E poi qualità a gogò con i vari Maicon, Etò, Schneider, Cambiasso, Zanetti, Stankovic e via dicendo.

2010/2011 – Inter di Benitez/Leonardo

Ed eccolo il Rafa, arrivare trionfante forte di ben 6 stagioni inconcludenti al Liverpool dove non aveva mai fatto storia in campionato, e dove spiccavano però una Coppa di Inghilterra e due fortunose finali di Champions, una vinta ed una persa sempre contro il Milan. Non mi fece una grande impressione  il suo arrivo e quando cominciò a parlare trionfalmente di “giocheremo 20 metri più avanti”, capiì che non sarebbe andato molto lontano. Di fatto, il buco creato in mezzo, non opportunamente coperto e, i tanti troppi infortuni di quell’anno fecero storcere il naso a tutti, e fu il Leonardo milanista a riportarci al secondo posto ed a farci vincere la coppa Italia, con un grande recupero. Di Benitez rimane traccia per le inutili coppette di cui molti si vantano e che io valuto poco al di sopra dello zero. Supercoppe (una vinta e una persa) e l’importantissima Coppa del mondo vinta battendo in finale i temutissimi congolesi del TP Mazembe!!. Roba da raccontare ai nipoti.

2011/2012 – Inter di Gasperini/Ranieri

Pochi scampoli di un precampionato disastroso e la paura di aver fatto una cazzata, ci ha impedito di rifondare la squadra sulle capacità di un allenatore confermatosi poi bravissimo all’Atalanta. Devo dire che anche io, vedendo l’Inter fare acqua da tutte le parti nelle prime uscite ne chiesi la testa più volte al mio televisore. Accontentato, fu sostituito da un Ranieri più equilibrato ma non brillante, al punto di essere esonerato anche lui nel finale e sostituito dal giovanissimo allenatore della primavera Stramaccioni.

2012/2013 – Inter di Stramaccioni

L’inter di Strama parte benissimo e, complice l’entusiasmo di aver stravinto con i giovani, rimane ai vertici fin quasi a Natale, battendo anche la Juve in casa propria, cosa che all’Inter in cento e passa anni era riuscita una decina di volte. Poi il crollo verticale post panettone che si sarebbe sistematicamente ripetuto ogni anno fino all’era Conte ne decretò il campionato alla fine mediocre concluso con qualcosa come 21 sconfitte stagionali.

2013/2015 – Inter di Mazzarri

E poi arriva lui, l’uomo capace per un mezzo campionato di far volare l’Inter sulle fasce con Jonathan e Nagatomo! Ma anche lui si spegne più o meno a Natale quando tutti capiscono che il gioco dell’inter si sviluppa esclusivamente di la’ e l’unico giocatore di qualità ad accendere gli entusiasimi è il giovane e discontinuo Alvarez. E’ il momento più buio dove tocchiamo il fondo con il gioco. Un non-gioco stagnante come pochi, dove la palla gira da destra a sinistra e da sinistra a destra, per un leit-motif che ci accompagnerà per anni. La parola d’ordine sarà, fino a Spalletti, al centro mai. Il motivo? Aver perso Milito per via di troppi malaugurati infortuni e preso il promettente Icardi dalla Samp.

Dopo un incoraggiante 5° posto a soli 42 punti dalla Juve, Il buon Mazza resìste fino a novembre dove l’incanto del suo gioco si conclude con il ritorno dell’osannato Mancio che con un propellente a centrocampo fornito dal generoso Medel, dal matto Guarin,  dal talentuoso Kovacic e dell’incompiuto Hernanes sensibilmente riduce lo svantaggio dalla Juve: ora sono solo 32 punti. Dai!

2015/2016 – Inter di Mancini

E’ un inter promettente, che dura ben 8 giornate in testa alla classifica. In realtà fin dall’anno precedente e fino a Spalletti l’Inter vivrà di un non gioco impressionante. Tanto possesso di palla inutile, unico sfogo le fasce che dura finchè le avversare non ti prendono le misure. L’arrivo di Perisic illude, però viene dal Dortmund dove gioca un calcio d’attacco dove le continue sovrapposizioni creano spazi, inserimenti, opportunità. Qui l’unica azione disegnata ad arte dal mancio è: palla a Perisic, cross per Icardi. La mancanza di alternative centrali sono dovute sopratutto a Icardi. Bravissimo finalizzatore, ma incapace di giocare con la  squadra. Ma qui è l’allenatore che non và, non insegna, non disegna alternative. Gli attacchi sulle fasce sono fondati sull’uno contro uno, non sul creare la superiorità numerica, quelli al centro non esistono. Icardi se ne stà sempre al centro risucchiato tra i due centrali, non vince mai un contrasto, non fa mai una sponda. Aspetta solo che la palla arrivi o da destra o da sinistra, e segna più o meno sempre lui. Per il resto la partecipazione nulla di Medel all’azione e quella timorosa di Kongodobia rendono la squadra una grande incompiuta. Dulcis in fondo: chiede ed ottiene con tutte le forze Shaquiri. Poi lo fa giocare scampoli di gara, dicendo che non è pronto e difatti non gli da opportunità. Brilante allenatore, capace di motivare come pochi. Ma intanto rosicchiamo ancora: ora sono 24 dalla Juve e continua.

2016/2017 – Inter di de Boer/Vecchi/Pioli

Che dire? Un vero flop. Squadra allegra e spensierata come solo sui campetti estivi si riesce a vedere. Chiusure difensive inesistenti, carattere zero, probabilmente le wags avrebbero giocato megio. Eppure ci regala una grande e meritata vittoria sulla Juve e ben 7 sconfitte su 14 incontri. Bang! Esonerato arriva Vecchi dalla primavera  a traghettarci (benino) verso Stefano Pioli. E Pioli sembra aver indovinato tutto. La squadra infila una serie di 11 vittorie e 2 sconfitte da Juve e Roma, ma dopo il 7 a 1 rifilato all’Atalanta infila una serie al contrario: 5 sconfitte e 2 pareggi per concludere il campionato di nuovo a -31. E a -31 fa freddo.

Che ricordare di Pioli, un gioco più equilibrato ma anche una gestione del gruppo inefficace con giocatori lasciati a marcire in panchina per intere settimane: Joao Mario su tutti, talentuoso ma timido,  che ad un certo punto quando finalmente riesce ad esprimersi al meglio e l’inter sembra aver trovato un punto di riferimento lo lascia ad ammuffire ed avvilirsi in panchina per poi perdersi del tutto.

E poi lui il Gabigol. L’inter lo acquista pagando un extra di 5mln oltre una cifra spropositata per averlo subito e nessuno lo fa giocare mai. 9 apparizioni per 111 minuti totali, 25 panchine e le altre volte non convocato. Fa la sua prima apparizione dopo il mancato esordio, nonostante il pubblico lo reclamasse a gran voce, e poi entra e lo vedo toccare il pallone con intelligenza, senza intestardirsi in azioni del tipo “ora faccio tutto io”, rispettando le consegne dell’allenatore e sopratutto suscitando l’entusiasmo del pubblico ogni volta che tocca una palla. Eppure dopo quei primi 18 minuti, viene lasciato per 11 volte consecutive in panchina, e di fatto muore li bollato dalla critica come un flop. Peccato che al ritorno in patria, svenduto al Flamengo, riporti la squadra a vincere campionato e coppa Libertadores, stravincendo la classifica marcatori e siglando una doppietta in finale. Proprio un flop, complimenti ad allenatori e giornalisti, magari bastava farlo giocare.

2017/2019 – Inter di Spalletti

E veniamo a lui. Un pregio, la fase difensiva. Dopo le pessime annate di Mazzarri e di Mancini e un certo miglioramento con Pioli, è con Spalletti che cominciamo con regolarità ad uscire dal basso senza perdere troppi palloni. In più Skriniar è praticamente un muro. Sembra tutto perfetto peccato che arrivati a centrocampo non c’è una sola idea di cosa fare. Quante volte ho visto i quattro delle meraviglie Borja Valero, Vecino, Brozovic e Gagliardini salire fin sul cerchio del centrocampo e passarsi la palla tra di loro con passaggetti al massimo di 5 metri senza saper cosa fare. Brozovic, un giorno è un eroe, l’altro dobbiamo venderlo. Rallenta ad arte facendo sempre almeno un 360 intorno a se stesso (lo fa anche adesso, ndr), spesso cercando un passaggio cieco che viene a volte intercettato dall’avversario di turno. Ma è anche in questi anni il cuore della squadra e sopratutto il polmone. Dopo circa 60 minuti è svuotato visto che gli altri camminano. E l’inter spesso si ferma.

La difesa non è da meno, a destra Danilo D’Ambrosio, il miglior terzino destro del campionato a detta di un genio come Adani, è del tutto incapace di proporre soluzioni sulla fascia, e a parte qualche occasionale assist e un certo fiuto del gol, è improponibile in appoggio ad un gioco d’attacco, che difatti latita. Candreva? un reietto, ad un certo punto non giocherà più. Per cui ogni azione passa da sinistra, per Perisic, che crossa per Icardi, che segna. Almeno il primo anno. E riusciamo anche a finire in testa in tre occasioni, l’ultima alla 16 giornata. Poi il solito crollo fino al -23 finale con consolazione del 4 posto all’ultima giornata sulla Lazio.

L’anno successivo bis. Ancora un 4 posto, ancora all’ultima giornata, questa volta sul Milan. Ma ne usciamo a pezzi con l’affare Icardi. Perchè è veramente un affare perchè alla fine lo mandiamo in prestito al PSG. Risultato del nostro gioco? Orrendo, statico, un possesso palla infinito e inutile, tutto in orizzontale, al massimo di 5 metri, che però fa la gioia del solito Adani e degli altri brillanti commentatori tv.

2019/2021 – Finalmente Antonio Conte

E finalmente, tanto auspicato da me, come sanno i miei amici arriva Antonio Conte. Carattere innanzitutto, forte fortissima mentalità vincente. E poi dedizione e schemi, veri. Pochi ma chiari fin all’inizio, e a partire dal secondo anno, molto più evoluti.

Cosa ha funzionato ?

Prima di tutto, la nuova inter di Antonio Conte ha visto il ritorno ad un 3-5-2 con due punte, dopo anni di questa insensata moda del 4-2-3-1, che funziona soltanto se c’è movimento continuo ed inserimenti tra punta, trequartisti e mediani. Dico due punte, un qualcosa che non si vede oramai più in Italia. E i benefici sono stati indubbi, la coppia Lukaku-Lautaro Martinez ha fatto si la differenza, ma accompagnata dagli inserimenti centrali dei vari Barella, Brozovic, Eriksen, con il sostegno di  Candreva/Hakimi a destra, e Young/Biraghi e Darmian/Perisic a sinistra. Poi una diga a tre per coprire il centrocampo con Brozovic perno centrale, Barella a destra a muovere e a far girare il triangolo con Hakimi e Lukaku, ed Eriksen ha dare equilibrio e fare da raccordo all’asse di sinistra Lautaro/Perisic anche se in modo meno dinamico e propositivo. Infine il muro invalicabile, Skriniar, De Vry e Bastoni.

Insomma il gioco di Antonio Conte è stato definito non-gioco da tanti, ma quest’anno ha sbaragliato il campo. Eppure è un gioco facilmente riconoscibile ed assimilato a memoria. Invece di palleggiare e rimbalzarsi il pallone inutilmente per alimentare statistiche del tutto inconcludenti, aspettare e ripartire come frecce con contropiedi rapidi, efficaci e letali. E siamo tornati come 11 anni fa al catenaccione di mourinho, con meno qualità forse ma analoga capacità di finalizzazione.

Cosa non ha funzionato ?

I passaggi a vuoto della Inter targata Antonio Conte del primo anno, dopo un’ottimo girone d’andata finendo comunque a -1 dalla Juve e perdendo soltanto in finale di Europa League. Il giocare a volte troppo schiacciati nell’attaccare una difesa schierata, con Hakimi, Lukaku, Lautaro e Perisic tutti su una linea, quando bastava che qualcuno a turno risucchiasse la difesa verso il cerchio di centrocampo per favorire passaggi a scavalcare e uno-due per gli inserimenti, stile Napoli di Sarri. E’ stato determinante nelle due partite contro uno Shaktar che si difendeva alta su una sola linea e che ci è costato i gironi di Champions. Un pò di sfortuna in Champions dello scorso anno, con partite a lungo dominate e poi perse come l’andata con Barcellona e Dortmund. Infine l’orrore Vidal ricordabile solo per il gol all’odiata Juve.

Conclusione

Per concludere, Antonio Conte ha regalato a tutti i tifosi uno scudetto atteso da tanti anni ed ha costruito una squadra che come dice Bergomi è “coesa”, dove i giocatori sono stati felici di far parte del progetto e che, come nell’anno del triplete, sono stati un tutt’uno con il proprio allenatore. Anche nel finale, a campionato già vinto, chi è stato a lungo in panchina ha avuto a turno il suo spazio. Una passerella vero, ma anche il giusto riconoscimento a “tutti i giocatori della rosa” che raramente ho visto in tanti anni.

Un inciso, ho sentito tanti dare in parte il merito a Spalletti per questo scudetto. In verità, non vedo niente di suo in questo traguardo anche se, ad essere onesti, forse è dovuto al fatto che è ancora lautamente stipendiato dall’inter.

Per questo. Grazie Antonio Conte!